La principale caratteristica dei parchi in città è la presenza di piante e di vegetazione. La vegetazione è l’anima delle aree verdi urbane e periurbane, essa rinfresca e addolcisce l’ambiente cittadino. Come un polmone verde migliora la qualità del suolo, dell’aria e delle acque, offre riparo alle numerose specie animali che hanno imparato a convivere a stretto contatto con l’uomo e migliora il benessere psicofisico per chi vive e lavora in città.

 

 

La flora si distingue in vegetazione autoctona, ovvero di origine locale, sia spontanea che piantata dall’uomo, e in vegetazione alloctona, ovvero l’insieme di specie vegetali esotiche, che non si trovano naturalmente in un luogo. La vegetazione negli ambienti urbani si mostra spesso in forma notevolmente alterata dall’attività umana. Il suolo antropico è povero di nutrienti e ricco di materiali inerti, spesso dannosi per le piante. Esso favorisce l’insediamento di specie invasive, rispetto alla formazione di ambienti naturali e stabili. I parchi e i giardini pubblici sono solitamente caratterizzati da essenze botaniche esotiche, scelte per il portamento e i caratteri estetici, che comportano il rischio di inserimento di specie aliene invasive.

 

 

Negli ultimi decenni si sta fortunatamente assistendo a un cambio di tendenza. Gli architetti del paesaggio e gli esperti del verde urbano hanno imparato a riconoscere il valore e il ruolo delle specie autoctone. Nei parchi e nei giardini si trovano sempre più specie locali, che si mostrano più sane e resistenti ai patogeni. Molte aree abbandonate vengono riqualificate mantenendo strutture e associazioni floristiche più naturali. Nei nostri tre parchi urbani è stata posta una discreta attenzione su questi temi. Passeggiando lungo i percorsi indicati potrete osservare molte specie locali nel proprio ambiente naturale e ampie porzioni di vegetazione mantenuta nella sua forma selvatica. 

 

 

VEGETAZIONE ALLOCTONA

Le aree verdi urbane hanno spesso una natura antropica e le essenze vegetali presenti sono scelte per lo più per il loro valore ornamentale. Negli anni questo approccio ha mostrato notevoli limiti e svantaggi. Le specie esotiche, fuori areale naturale, sono spesso più suscettibili ai patogeni locali (funghi, insetti, batteri) e ai disturbi abiotici legati al clima. Molte specie alloctone hanno trovato habitat ottimali per una esponenziale espansione, senza competitori naturali si comportano come aliene invasive dal grande potenziale distruttivo in termini ecologici.

I Giardini “Donne della Resistenza” e il giardinetto attrezzato della passerella hanno un aspetto poco selvatico e naturale. In entrambi i giardini non sono però stati compiuti grossi errori nella scelta delle essenze da mettere a dimora. I pioppi (Populus tremula, Populus alba, Populus nigra italica), gli aceri (Acer campestre, Acer platanoides), la farnia (Quercus robur) e il salice (Salix alba) sono specie locali e nel giusto areale (superficie abitata da una specie). Alcune specie come il faggio (Fagus sylvatica), l’acero di monte (Acer pseudoplatanus) e la betulla (Betula alba), che fanno parte della flora piemontese, vegetano bene nei parchi urbani. Allo stesso modo specie ornamentali provenienti da ambienti simili nel resto del mondo, come il salice piangente (Salix babylonica), l’ippocastano (Aesculus hippocastanum), il ligustro lucido (Ligustrum lucidum), l’acero argenteo (Acer saccharinum), l’albero pagoda (Parrotia persica) e la magnolia (Magnolia grandiflora) si adattano all’ambiente che le circonda e non mostrano caratteristiche di invasività.

La quercia rossa (Quercus rubra) invece, originaria del nord America, rappresenta una delle specie inserite come essenza ornamentale e divenuta una minaccia per la nostra flora autoctona. La quercia rossa infatti si riproduce rapidamente e con successo nei nostri ambienti e grazie alle caratteristiche di frugalità e rapido accrescimento sostituisce la farnia e il rovere nei loro habitat. Come la quercia rossa molte sono le specie vegetali inserite a scopo ornamentale e poi “sfuggite” a parchi e giardini per diffondersi nei nostri boschi. Le specie aliene invasive causano direttamente o indirettamente, per ibridazione e competizione dello spazio e delle risorse, la distruzione di ecosistemi e habitat locali. Spesso l’introduzione accidentale di nuove specie favorisce la diffusione di malattie e patogeni esotici contro cui le piante autoctone non hanno sistemi di difesa adeguati. In ultimo alcune specie invasive causano allergie all’uomo e agli animali, o possono arrivare a minacciare la tenuta di manufatti storici.

Nei tre parchi urbani del progetto sono molte le specie invasive presenti e osservabili. Prima fra tutte la robinia (Robinia pseudoacacia) che però merita una trattazione a sé stante. Questa specie, nonostante abbia mantenuto un carattere piuttosto invasivo, è considerata una specie quasi naturalizzata nei nostri ecosistemi. Originaria nel nord America, fu introdotta nel 1600 come specie ornamentale nell’orto botanico di Parigi, ad oggi risulta diffusa in tutto il continente europeo. Dopo quattro secoli di presenza sul territorio la robinia sta mostrando segni di una miglior convivenza con le specie locali. Inoltre, ha assunto nel tempo sempre maggior importanza per alcuni settori economici. Grazie alla rapidità di crescita viene utilizzata per la produzione di biomasse, mentre i fiori ricchi di nettare sono fonte primaria di nutrimento per le api dei nostri apicoltori.

Diversamente dalla robinia molte specie presenti sul territorio mostrano ancora un carattere invasivo dannoso. Per queste specie le Regioni hanno messo a punto specifiche Black List con l’obiettivo di classificarle e suddividerle in gruppi, da quelle per cui sono possibili soltanto locali azioni di contenimento, a quelle per cui la lotta attiva può ancora comportare una completa eradicazione. Oltre alle numerose specie erbacee, spesso introdotte accidentalmente in campo agrario, negli ambienti umidi dei nostri parchi è possibile osservare la buddleja (Buddleja davidii) introdotta come specie ornamentale per le fioriture profumate e colorate, l’ailanto (Ailanthus altissima) in grado di distruggere manufatti storici con la forza delle radici, l’acero negundo (Acer negundo) e il pruno serotina (Prunus serotina) che alterano gli ecosistemi fluviali. Grazie a importanti progetti europei di prevenzione e informazione, come il progetto ASAP – Alien Species Awareness Program, la lotta alle specie aliene invasive sta cominciando a ottenere i primi importanti risultati.

VEGETAZIONE AUTOCTONA

 

Buona parte del percorso pedonale della passerella e l’intera area del Parco Fluviale si presentano come ambienti naturali tipici degli ecosistemi fluviali. La vegetazione delle due aree verdi si sviluppa lungo le sponde del fiume Dora e le specie vegetali che si possono incontrare sono legate all’ambiente ripariale. Ivrea si trova in una posizione di passaggio tra il contesto intravallivo della bassa Val d’Aosta e le ampie aree planiziali del Canavese e del Vercellese. I suoli presentano ancora un notevole grado di erosione e di trasporto, ma iniziano a emergere aree di accumulo di materiale alluvionale che permettono l’insediamento di popolazioni vegetali più stabili. Affacciandosi dalla passerella è possibile osservare come la vegetazione si sviluppi rigogliosa su sottili fasce boscate discontinue nelle aree urbane, riacquistando continuità e spessore una volta allontanatesi dal centro abitato.

In questi contesti è possibile suddividere la vegetazione in due distinte formazioni forestali, i boschi di ripa a ridosso del corso d’acqua e i boschi planiziali umidi nelle aree più interne. I boschi ripariali si insediano sul greto dei sistemi d’acqua lotici, strettamente legati alle dinamiche fluviali e a periodici fenomeni alluvionali. Le specie vegetali che ne fanno parte sono adattate a insediarsi su suoli poveri ma freschi e profondi, caratterizzati da sabbia e ciottoli a causa del trasporto a valle del materiale più fine. Inoltre, molto specie sanno convivere e sfruttare l’azione della corrente e delle piene. I semi sfruttano le correnti per disperdersi e germogliano facilmente una volta depositati sulle sponde soleggiate. Le piantine si accrescono velocemente ma mantengono per molti anni un portamento elastico adatto a sopportare la forza delle piene (strategia resiliente). La fase adulta è raggiunta rapidamente ed è caratterizzata da sistemi radicali profondi, per garantire ancoraggio, e tronchi robusti per sopportare gli stress fisici dell’acqua (strategia resistente).

I due generi arborei tipici dei boschi di ripa sono i pioppi (Populus spp.) e i salici (Salix spp.). Tra i pioppi quello bianco (Populus alba) è il più diffuso e frequente, caratterizzato daa una corteccia chiara e foglie ovoidali, lucide nella pagina superiore e ricoperte da una peluria biancastra sulla pagina inferiore. Molto diffusi sono anche il pioppo tremulo (Populus tremula) che presenta un assottigliamento del picciolo fogliare tale da mostrare il tipico effetto tremulo delle foglie scosse dal vento, e il canescens (Populus canescens). A chiudere il gruppo il pioppo nero (Populus nigra) con portamento inferiore al bianco e una corteccia più scura e rugosa. In molti viali e giardini viene fatto ampio uso della cultivar italica del pioppo nero, denominata pioppo cipressino per il portamento dritto e affusolato. I pioppi abbondano negli ecosistemi fluviali e grandi aree umide sono state trasformate in pioppeti per sfruttare i rapidi accrescimenti di queste specie nel proprio ambiente. Tutti i pioppi producono i caratteristici pappi di pelo attorno ai piccoli semi per sfruttare l’azione combinata del vento e dell’acqua per la loro dispersione, e riempieno l’aria e il suolo si uno strato simile a neve nel periodo di fruttificazione.

Presenti in maniera altrettanto abbondante, tra i cugini salici si possono osservare il salice bianco (Salix alba) e il salicone (Salix caprea), in maniera marginale altre specie minori (Salix purpurea, Salix cinerea, Salix daphnoidea). Il salice bianco e il salicone differiscono fondamentalmente per le dimensioni raggiunte, maggiori nel primo, e nella forma delle foglie, sottili e lisce nel bianco e ovali e pelose nel secondo. I salici sono tra le specie maggiormente adattate all’ambiente di greto, mostrano una capacità di insediarmento su superfici povere che trova pochi eguali nel mondo vegetale. Anch’essi sfruttano la presenza di strutture cotonose attorno ai minuscoli semi per facilitarne la dispersione. I salici ornamentali come il salice piangente (Salix babylonica) e il viminale (Salix viminalis) sono originari dell’est Europa e dell’Asia.

L’ultimo grande gruppo di specie arboree ben rappresentato nel contesto ripario è costituito dagli ontani. Questi alberi sono ottimi colonizzatori di suoli umidi o sommersi, sopportano il ristagno e sono ottimi bonificatori; il legno resistente all’acqua è stato nei secoli sfruttato per questo motivo. Gli ontani sono inoltre azotofissatori, piante cioè in grado di fissare l’azoto atmosferico nel suolo grazie alla simbiosi radicale con i batteri del genere Frankia. L’ontano nero (Alnus glutinosa) è frequentemente presente in questi boschi, caratterizzato da tronchi slanciati scuri, foglie ovali di un verde brillante e le tipiche strutture fruttifere simili a piccole pigne legnose. Meno abbondante è l’ontano bianco (Alnus incana).

I boschi di ripa sono freschi e rigogliosi, il sottobosco è ricco di arbusti rustici quali il viburno (Viburnum opulus), il sambuco (Sambucus nigra), varie specie di rovo (Rubus spp.), e un nutrito strato erbacee di graminacee, giunchi e specie dai delicati fiori colorati (Stachys, Impatiens, Veronica, Hipericum, Talictrum). Le foreste planiziali e i boschi umidi di pianura sono formazioni più stabili e mature. Si insediano nelle fasce successive ai boschi di ripa, necessitando di suoli profondi, più ricchi di sostanza organica e meno suscettibili agli stress delle dinamiche fluviali. Le specie vegetali che popolano questi boschi sopportano le periodiche sommersioni delle piene straordinarie e necessitano di una falda freatica superficiale, ma vengono danneggiate da prolungate situazioni asfittiche. Aumentando le risorse disponibili nel suolo aumenta anche la varietà di specie presenti. I boschi planiziali umidi sono tra le realtà più ricche a livello di biodiversità di tutta la fascia temperata. Questi boschi sono la casa delle farnie, le grandi querce di pianura.

La farnia (Quercus robur) predilige gli ambienti freschi e umidi delle piane alluvionali e viene sostituita in collina dal rovere (Quercus petraea), dalla roverella (Quercus pubescens) e dal cerro (Quercus cerris). Nei boschi di pianura la farnia è facilmente riconoscibile, dominando il bosco in altezza alla ricerca di spazio e luce. Offre riparo a una grandissima varietà di specie animali al punto da essere considerata il “padre della foresta”. Attorno alle farnie crescono numerose altre specie arboree, dette specie di corteggio. Nelle aree soggette a più frequenti inondazioni o nelle immediate vicinanze dei corsi d’acqua è facile incontrare i pioppi, il frassino (Fraxinus excelsior) caratterizzato dal tronco liscio argentato e dalle gemme vellutate nere, l’ossifillo (Fraxinus angustifolia) dotato di un apparato radicale specializzato per gli ambienti umidi, l’olmo campestre (Ulmus minor) dal tronco spesso e rugoso e sottili rami elastici, e il pado (Prunus padus) parente stretto del ciliegio.

Nelle aree più asciutte abbondano il carpino (Carpinus betulus) un tempo associato alla farnia creava il Querco-carpineto il bosco che copriva tutta la Pianura Padana, l’acero (Acer campestre) e il bagolaro (Celtis australis) sempre più utilizzati nei giardini e nelle alberate per la loro capacità di assorbire inquinanti atmosferici, il ciliegio selvatico (Prunus avium) e il melo selvatico (Malus sylvestris). Anche nei boschi planiziali gli strati arbustivo ed erbaceo sono ricchi e rigogliosi. Tra gli arbusti, oltre ai citati sambuco e viburno, si possono incontrare il nocciolo (Corylus avellana), il sorbo (Sorbus spp.), il prugnolo (Prunus spinosa), il biancospino (Crataegus monogyna), il berretto del prete (Euonymus europaeus), il ligustro (Ligustrum vulgare), la rosa canina (Rosa canina), il corniolo (Cornus mas) e il sanguinello (Cornus sanguinea). La presenza di una così grande varietà di flora arbustiva rappresenta un valore unico per questi boschi, essa incrementa la stratificazione della struttura verticale del bosco, aumentando il numero di rifugi e nicchie ecologiche per gli animali; inoltre, molti cespugli producono bacche e frutti di cui sono ghiotti uccelli e mammiferi.

FAUNA

Compagni preziosi di ogni angolo di verde urbano gli animali non sono facilmente osservabili nei nostri ambienti come per le piante. La gran parte del regno animale si tiene debitamente a distanza dagli insediamenti umani e dalle aree fortemente antropizzate. Nel corso dei secoli alcune specie hanno però imparato a convivere e sfruttare la vicinanza con l’uomo e con la giusta cautela scoprirete che sono molti gli animali presenti anche nei nostri ambienti. Le aree più selvatiche ospitano una più ampia varietà di specie, perché forniscono una maggior quantità di rifugi e risorse, ma la vicinanza con le sponde incolte permette a tutti e tre i parchi urbani di ospitare numerosi animali. I gruppi maggiormente presenti sono rappresentati dagli insetti e dall’avifauna, entrambi privilegiati dalla possibilità di volare via al mutare delle condizioni.

Tra gli invertebrati spiccano le variopinte farfalle come il macaone (Papilion machao), le vanesse (Vanessa atalanta, Aglais io) e le cupido (Cupido spp.); gli impollinatori come le api (Apis mellifera) e le vespe (Vespula germanica, Polistes dominula), le lucciole, le cavallette, le libellule, le coccinelle, le lumache e le formiche. Nelle acque della Dora sono presenti numerosi specie ittiche come la trota marmorata (Salmo marmoratus), il barbo (Barbus barbus), il temolo (Thymallus thymallus), il cavedano italico (Squalius squalus) e il vairone (Telestes muticellus) endemici dei nostri fiumi, e molti altri piccoli pesci difficili da osservare ma che sanno attrarre diversi predatori.

I boschetti umidi lungo le rive del fiume sono l’habitat ideale per alcune specie di rane e rospi, anche se generalmente questi anfibi prediligono acque più calme e stagnanti. Frequentatore abituale di sassi e muretti nelle tre aree verde la lucertola (Podarcis muralis) è il rettile più diffuso, mentre più timorosi sono il ramarro (Lacerta viridis), l’orbettino italico (Anguis veronensis) e la biscia dal collare (Natrix natrix). La lussureggiante vegetazione che cresce lungo le sponde del fiume offre riparo a una grande varietà di uccelli.

L’avifauna è la più numerosa nei parchi urbani e la sua presenza contribuisce al grande valore ambientale di queste aree. Inoltre, molti studi stanno dimostrando il beneficio psichico del canto degli uccelli. Alghe e pesci attirano un gran numero di uccelli legati agli ecosistemi fluviali come il cormorano (Phalacrocorax carbo), il germano reale (Anas platyrhynchos), l’airone cenerino (Ardea cinerea), la gallinella d’acqua (Gallinula chloropus), la folaga (Fulica atra), il gabbiano comune (Chroicocephalus ridibundus) e la ballerina bianca (Motacilla alba). Più rari da osservare sono il martin pescatore (Alcedo atthis) e il falco di palude (Circus aeruginosus). Oltre alle specie strettamente legate agli ambienti urbani come il piccione (Columba livia), la tortora dal collare (Streptopelia decaocto), il passero (Passer italiae) e la cornacchia grigia (Corvus cornix) nei cieli sopra i tre parchi non è insolito veder sfrecciare il rondone comune (Apus apus) e la rondine (Hirundo rustica ) che nidificano su i muridel vecchio castello. Le aree boscate sono l’habitat ideale per tutti quegli uccelli che vivono negli ecosistemi di interfaccia urbano-agroforestale come lo storno (Sturnus vulgaris), la gazza (Pica pica), il pettirosso (Erithacus rubecula), il merlo (Turdus merula), il codirosso (Phoenicurus ochruros), la cinciallegra (Parus major), la cinciarella (Parus caeruleus), il pigliamosche (Muscicapa striata) e la ghiandaia (Garrulus glandarius).

Nonostante possa sembrare difficile riuscire a osservare mammiferi selvatici in ambienti tanto frequentati dall’uomo, se passeggerete nelle aree verdi di mattina o verso sera potrete riuscirci. Il coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus) e la minilepre (Sylvilagus floridianus) fanno spesso visita ai prati dei piccoli giardini, così come il topo selvatico (Apodemus sylvaticus), il riccio (Erinaceus europaeus) e la talpa (Talpa europaea). La corrente nel tratto di fiume che attraversa le nostre aree è troppo forte per attirare la nutria (Myocastor coypus) ma nel Parco Fluviale, connesso alle aree boscate fuori dal centro cittadino, con un po’ di fortuna si potrebbero osservare alcuni piccoli mammiferi del bosco come lo scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris), la faina (Martes foina), il ghiro (Glis glis), il moscardino (Muscardinus avellanarius) e la volpe (Vulpes vulpes). La sera attorno ai lampioni si affollano diverse specie di pipistrelli, o chirotteri, utilissimi cacciatori di zanzare.

 

Come per le piante anche per la fauna il problema delle specie aliene invasive è attuale e reale. Introdotte per la caccia o l’allevamento (minilepre, nutria) o attraverso il commercio di materiale legnoso infestato, sono molte le specie animali che in Piemonte causano danni all’ecosistema. Come lo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis), in grado di soppiantare completamente il cugino rosso che viene sconfitto nella lotta per le risorse. Gli ecosistemi fluviali sono tra i più suscettibili all’invasione di specie aliene, che sfruttano questi corridoi biologici per diffondersi nell’ambiente. In moltissimi corsi d’acqua sono ormai arrivati la tartaruga palustre americana (Trachemys scripta), il gambero della Lousiana (Procambarus clarkii), il salmerino (Salvelinus fontinalise) e la trota fario atlantica (Salmo trutta), in competizione con le specie locali, che causano gravi perdite di biodiversità e alterazione degli habitat.